Son le parole stesse con cui espressero la loro abulia Cardano, Newton e Rousseau, e recentemente Renan ed Amiel(27).
L'abulia lo lasciava preda del suo ambiente, favoriva la sua suggestionabilità, il che spiega perché fino a che fu sotto l'influenza della madre vedesse dei geni nei suoi amanti e non s'accorgesse dell'indelicatezza nel farne egli l'elogio; appena caduto nel dominio dei preti passa ad un fanatismo bigotto così esagerato come era forse esagerato l'anticristianesimo e l'odio dei preti quando era sotto l'influsso degli enciclopedisti. Vedremo presto come alla sua conversione abbia contribuito molto la suggestione della moglie, della madre, di due preti e d'una... vicina di casa.
Questa abulia ed insieme la poca affettività che fra poco dimostrerò, spiegano la sua ripugnanza a scrivere agli amici, a rispondere loro anche in cose importantissime.
Se il prendere la penna era per lui sempre una "azione eroica" - così confidava egli al Grossi, - quando poi si trattava "di scrivere una lettera di cerimonia", allora "l'impresa" (è ancor egli che parla), si facea addirittura "erculea". Questa lettera diventava per lui una vera calamità! Vi pensava delle settimane senza mai sapersi risolvere a mettersi alla scrivania; oppure vi si metteva varie volte... per non scrivere poi altro che qualche linea (Bellezza o. c.).
Finalmente, dopo esitanze, meditazioni e perdite di tempo deplorabili, finiva a scriverla e a spedirla; e allora ridiventava di buon umore, non senza rimpiangere tutto il tempo che vi aveva perduto; però non di raro dopo scrittala era oppresso dal tormento dei pentimenti; sicchè molte volte mandava il servo a ritirarla dalla Posta per paura gli fosse sfuggito qualche errore.
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