Lucia teme ad ogni istante le ire dello sposo all'avventura notturna; "il terrore, l'angoscia di lei", accorata, affannata, atterrita, quando č condotta al castello dell'Innominato, durano per quasi tutta "la notte della paura". E "costernazione" e "terrore" la prendono al ricordo del voto fatto e al momento d'infrangerlo; per "varî timori" non fa parola di esso alla madre; la storia di Geltrude la riempė di "paurosa meraviglia" (Bellezza).
E poi abbiamo la paura: di Ambrogio, desto di sopprassalto dello sgangherato grido di don Abbondio; di Menico, acciuffato dai bravi; quella dei bravi stessi ai rintocchi della campana a martello del vicario di provvisione; dei bravi dell'Innominato, i quali in fatto di religione, eran stati soliti a prevenir con le beffe la paura che gliene sarebbe venuta, "ma che al vedere l'effetto che una tal paura aveva prodotto nel loro padrone, chi pių, chi meno, non ce n'era uno che non gli se n'attaccasse". L'Innominato medesimo prova "quasi un terrore" nel mettere le mani su Lucia, e i terrori della notte per poco non lo portano alla disperazione. Persino "quel bestione di Rodrigo" non ne esce netto d'"apprensione" che la profezia di fra Cristoforo gli ha messo in corpo, e si risveglia la notte nel sogno finchč lo invade "il terror della morte".
Don Abbondio č "la personificazione della paura": ha paura di ogni cosa, a ogni momento; anzi, gli avviene d'averne addosso due nello stesso tempo, come durante il colloquio con Renzo: di provocare questo, tacendogli le cose(39), o di mancare alla ingiunzione fattagli (PETROCCHI, Dell'opera e della vita di A. Manzoni). Nella spedizione al castello dell'Innominato č in preda ad una "paura ecc.
| |
Innominato Geltrude Bellezza Ambrogio Abbondio Menico Innominato Innominato Lucia Rodrigo Cristoforo Abbondio Renzo Manzoni Innominato
|