Te noma il fanciulletto.
Il terror della cacciache traluce negli occhi del lupo; "il timore che nasce anche negli animi più determinati e li rende crudeli"; "il timor santo e nobile per gli altri"; il "timor veramente nobile e veramente sapiente, di commetter un'ingiustizia"; il "terror che ispira il coraggio, avvezzando chi lo sente a nulla temere degli uomini"... (Bellezza).
Vero è che testè il Bertana(40) pur confermando che tutte le opere poetiche e romantiche di Manzoni sono zeppe di paura, pretende spiegarlo con ciò, che di paura è piena la natura umana, di cui Manzoni era fedel dipintore; ma E. Carrara giustamente gli risponde: che la scienza moderna dimostra profondo il legame indissolubile fra la psiche dell'artista e l'opera sua: ora l'esistenza di un profondo e profuso senso di paura, di timidezza anormale in Manzoni è confermata da tutti i suoi biografi. A chi obbiettasse che egli deride nel suo romanzo questo sentimento, si può rispondere che un critico come Manzoni sa analizzare sè stesso e sa scherzare sui propri difetti; anzi, solo a questo patto poteva trasfonderli nei suoi personaggi. (E. Carrara).
E poi, aggiungeremo noi, anche la vanità, anche la vendetta, sono sentimenti e passioni diffusissime agli uomini: eppure egli non ne abusa negli scritti, quasi anzi non ne usa, come invece fa della paura.
Si notò dal Bellezza, op. c. pag. 234, e dal Graf che anche la frequenza dei caratteri deboli, abulici, come di Lucia, di Renzo, del grande Romanzo ha una prima fonte nella sua stessa debolezza d'animo.
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