Vergognandosi di mostrarsi in quello stato là donde erasi dipartito con tanta iattanza, qui si stanziò. Roso dal tedio, condusse tardi in moglie una del popolo. Le nozze furono a lungo sterili; ma quando egli, già vecchio, "dopo una vita a sè e ad altrui fastidiosa morì d'erpete, di vino e di cruccio", lasciava incinta la moglie.
Così il padre di Francesco Domenico nasceva da un uomo vecchio e, verosimilmente di età affatto sproporzionata a quella della moglie che lo aveva inoltre generato in condizioni fisiche e psichiche tutt'altro che buone, il che, come dimostra Marro, doveva favorirne la degenerazione e la tendenza alla follia. Dal padre, inoltre, egli ereditava la melanconia (infermità di famiglia, la chiama più volte il Guerrazzi), accompagnata anche in lui, almeno negli ultimi anni, da gravissima abulia, e dall'orgoglio (malattia che si è resa fidecommissaria in famiglia) e l'erpete che, coadiuvato dai dolori morali, contribuì a rendere sempre più acuto il delirio melanconico. Se questo si manifestasse fin dai primi anni, o solo in età matura, non possiamo sapere con certezza: le notizie delle Note autobiografiche sono in ciò alquanto discordi da quelle delle Memorie al Mazzini. Nelle prime scrive il Guerrazzi: "Da giovane, sostenuto dalla naturale gagliardia dell'età, si accostò agli esempi materni, la quale (sic) fu donna buona, operosa e d'animo oltre il suo stato gentile; avanzando negli anni prevalse in lui la indolenza, il cruccio, la misantropia del padre; io mi ricordo che una volta durò bene otto mesi senza parlare.
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