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      La mania della virtus romana e l'impulsività si rivelano del pari nel fatto, narrato così nelle note come nelle memorie, delle percosse al figlio ferito; colpito da un grosso sasso sul capo in una rissa, Francesco Domenico, che era allora ragazzo, sbigottito dal colpo e dal sangue che in copia si versava su per la faccia, corse a casa lamentandosi: Il padre vedutolo e senza punto informarsi della ferita, invece di soccorrerlo, lo percosse sulla parte della testa rimasta sana, dicendogli: Quando si temono ferite, non si va alla guerra.
      Ma contemporaneamente a questi caratteri patologici si sviluppa in lui una genialità che, a tenersi alle affermazioni del figlio, parrebbe non comune. La madre non potè fargli insegnar altro che il leggere e lo scrivere; ma egli, dotato naturalmente d'ingegno, e aiutato dallo scultore Corneille e dal pittore Fabre, studiò disegno e divenne nella scultura in legno "assai valente e senza dubbio il primo artista di Livorno", secondo dice il figlio.
      Intorno alla madre nulla aveva scritto Francesco Domenico nelle memorie al Mazzini. Ma già nelle Memorie del Giusti ella era detta "una madre indiavolata, che accarezzava i figliuoli cogli urli e con le percosse. Una volta a lui (Francesco Domenico) che le era scappato di tra le mani, scaraventò dalla finestra un ferro da stirare del quale serba tutt'ora la cicatrice". Il Giusti è, per le cose guerrazziane, un testimone un po' sospetto; ma che questo giudizio non fosse punto esagerato vengono ora a dimostrare le note autobiografiche, ricche di indicazioni sul carattere della Teresa Ramponi.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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