Lo prova ad esuberanza un fatto in queste note raccontato: "Circa questo tempo (quando il figlio era sui 14 anni) accadde che, possedendo io un bello stile, ella lo prese per nettare certe erbe; increscendomi vederlo guastare in un uso pel quale ella aveva in pronto i coltelli a ciò destinati, dolcemente le dissi di posarlo: sia che male intendesse, o qualche cruccio a me ignoto la turbasse, tolta fuori di sè da cieca ira me lo scagliò contro; io balzai da terra con un salto, sicchè il ferro mi aggiunse la coscia sinistra e squarciando le carni vi rimase confitto; dove non avessi spiccato quel salto mi percuoteva nel fianco e certo con quella forza con la quale venne lanciato mi traforava le viscere. Il sangue sgorgò copioso dalla ferita, ed io senza aprir bocca guardava il sangue, e poi.... Ella si spaventò, e subito mutata mi si fece addosso piangendo, ed estrasse lo stile, e siccome continuava a piangere, e mi lasciava perdere il sangue, la pregai con fermo sembiante a portarmi acqua tepida etc..."
Da questa unione di un lipemaniaco con una impulsiva epilettoide nascevano cinque figli: Riccarda, Giovanni Gualberto, Francesco Domenico, Temistocle e Giorgio. Sulla prima ha il Guerrazzi queste parole di colore oscuro: "la sorella era oppressa dalla sciagura e meritata; parola dura ma giusta", dalle quali non è difficile il dedurre che non dovette essere d'indole onesta. Giovanni Gualberto fu "uomo buono, però di sensi poco alti: nelle cose meccaniche valentissimo, nelle intellettuali anzi grosso che no"; da lui nasce Francesco Michele, di cui il Guerrazzi fu poi tutore e nel quale, come l'epistolario del Guerrazzi attesta, torna a manifestarsi in grado acuto l'indole inquieta (morbosa tendenza ambulatoria) del nonno Donato.
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