Allontanandosi dai lieti giochi fanciulleschi se ne andava solo a passeggiare per i boschi, e al cimitero, dandosi in balìa alle meditazioni più tetre e più contrarie alla sua età, immaginando orrendi assassinî nel cupo del bosco, che poi riprodurrà nei suoi romanzi (v. s.) o meditando sulle miserie della vita e sulla morte; e da queste meditazioni, che in lui dimostrano una morbosa precocità e uno straordinario sviluppo del misticismo, usciva poi fuori un poema, La Società, scritto pur esso in età giovanissima(54).
Certamente la melanconia, che egli chiama malattia di famiglia, cominciò a manifestarsi di per sè stessa e indipendentemente da ogni circostanza esteriore, essendo in lui congenita. Ma il suo aggravarsi fu favorito dall'orgoglio, che più tardi degenera in vero delirio di grandezza, e dal quale, come poi vedremo, si sviluppa anche, vero o finto che sia, il delirio di persecuzione, per un procedimento affatto inverso a quello descritto dal Roncoroni a proposito del Tasso (v. o. c.).
La precoce misantropia e melanconia del Guerrazzi è attestata anche dal Giusti: "Svegliato di ingegno, profittò nelle scuole tanto che andò a Pisa non so come, e là si distinse per una certa cupezza di vita, aliena dalle gaiezze che portano quell'età e quel tempo. Della precocità dell'ingegno, qui pure attestata dal Giusti, e confermataci da quanto sopra si è detto intorno alle meditazioni della sua fanciullezza, e dal poema La Società, un'altra prova troviamo nelle Note autobiografiche: "A 14 anni il padre si determinava inviarmi alla Università di Pisa; a ciò lo mossero i conforti di D. Bartolomeo e di altri familiari di casa, i quali non cessavano dal ripetergli ch'io era un mostro, un portento d'ingegno.
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