Io sono venuto ai Bagni irrugginito dall'umore nero..."; - e in altra lettera: "Quest'anno io non voleva movermi, presago di sinistri che ho la disgrazia di indovinare."
Da Livorno (aprile 48): "Mi canzonate della predica: non mi canzonate. Cave canem; scherzo ed ho la morte nel cuore."
Nel gennaio 49: "Anima mea contristata est valde (questa frase ricorre in numerosissime lettere con notevole frequenza)."
Al Bertani (marzo 50): "Non mi dilungo più, perchè mi domina l'umore nero, e non vorrei trasmettertelo..."; - e in altra lettera: "io sono accostumato a nutrirmi di veleno a guisa di Mitridate."
Al Mangini (50-51): "Io anzichè lagnarmi desidero che questi segni di distruzione spesseggiassero e portassero il loro fine."
Al Puccini (agosto 51): "So che questo stroppio ti è caduto addosso per farmi servizio.... la disgrazia non mi si concentra dentro, ma si spande su le persone che mi amano."
Al Chiarini: "Mi sfogo arrampicandomi per pendici, per vedere, non fosse altro, se sdrucciolando mi fiaccassi il collo."
Misticismo. - In alcuni dei passi sopra riferiti si nota, oltre al delirio melanconico, anche un certo misticismo, che lo spinge a credere sè stesso preso di mira da maligni influssi emananti quasi da un occulto potere. Mondolfo (o. c.) crede troppo sincera questa fede; ma certo al misticismo egli era naturalmente inclinato e fin dall'infanzia amava darglisi in balìa; credeva ai cattivi augurî, alle predestinazioni, alle iettature etc., e se ne credeva a sua volta colpito.
Ricordisi il fatto, narrato nelle Note, di quel suo amico che volle entrare in una bara, e pregato da lui ad uscirne, perchè era cosa di cattivo augurio, lo derise: un mese dopo era morto.
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