Basti ricordare le pagine che nelle Note autobiografiche dedica al Mayer e ai suoi istituti d'infanzia, non di un uomo in cui sembra vi parli, ma di un santo, di un angelo: "angelo di pazienza, nuovo Pietro Eremita della sua santa missione, tesoro inesauribile di affetti, etc." sono espressioni che tolgo qua e là a caso. E conchiude: "Onore al Mayer! i tuoi amici ti salutano angelo di amore, e pregano Dio a voler sopportare che per lunghi anni ne rimanga vedovo il cielo".
Più tardi invece, in note mss. alla Apologia e nei Nuovi Tartufi, il Mayer diventa un vile, un ipocrita, che egli si vanta di avere svergognato arringando il popolo, quando, sulla piazza di Pisa, volevano rappattumarli; la sua santa missione degli asili d'infanzia "istituti manchevoli, in parte crudeli, in parte cagione di mali che volevansi evitare etc.", e perfino postriboli!
A questa mobilità del carattere, forse, e non unicamente a slealtà o peggio, vanno imputati alcuni "dei fatti di cui il Giusti gli muove acerba accusa(58), e in taluni dovette anche aver parte non indifferente l'impulsività, grande in lui non meno che in sua madre.
Nelle Memorie al Mazzini racconta come, vedendo una volta un uomo percuotere un ragazzo, "io, senza informarmi se fosse suo figlio, mi avvento contro il percotitore e lo batto nel capo; costui ristette alquanto, attonito per la meraviglia; ma di breve imbestiando nella rabbia, mi avrebbe con un solo colpo infranto le ossa, se alcuni dabbene cittadini non mi salvavano dal pericolo.
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