Enrico Schopenhauer era molto appassionato pei viaggi, era divenuto negli ultimi anni irritabile e violento; a 58 anni morì in seguito ad una caduta in un canale; nè si esclude che la caduta fosse volontaria e che si sia trattato d'un suicidio.
La sorella del filosofo, Luisa Adele, era come il fratello, di carattere violento ed orgoglioso, di temperamento melanconico.
La madre del filosofo, mentre ne era incinta, fu quasi continuamente costretta a viaggi difficili per quei tempi e d'inverno molto incomodi, per la Germania, il Belgio, la Francia e l'Inghilterra.
Schopenhauer ereditò dal padre la smania del vagabondaggio, sicchè girava da Berlino a Napoli e viceversa continuamente. Möbius, che pure tenta mettere in forse la realtà della sua psicosi, conviene poi che mancava di misura, che diffidava di tutti, prendeva tutto in cattiva parte, vedeva in tutto il lato triste, era violento, e non già per difettosa educazione, ma per tendenza congenita, il che l'avvicina assai al lipemaniaco; ed infatti egli stesso a Stramenstadt che gli chiedeva, per spiegare il suo pessimismo, se avesse molto sofferto da bimbo, rispose: essere stato sempre malinconico.
In un viaggio in Italia, nel 1819, parlava continuamente di morire e di far testamento. Alle volte, e fin dall'età di 6 anni, per minime cause si vedeva assalito da un'angoscia che confinava colla manìa e che noi sappiamo ora esser la base delle fobie e delle idee fisse; infatti spesso l'angoscia si associava ad idee ipocondriache o meglio a vere ossessioni: a Berlino si credette per lungo tempo spacciato; a Napoli fu assalito dalla paura del vaiuolo; a Verona credette d'aver preso tabacco avvelenato.
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