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      E mentre la sua famiglia si compiace nei favori della corte, egli pervaso dalle predilette letture ascetiche vi ripugna:
      E nella canzone "De ruina mundi" scritta a vent'anni, trovò il primo grido della sua anima offesa dallo spettacolo dell'ingiustizia e della iniquità degli uomini.
     
      Fece ormai chi vive di rapinaE chi dell'altrui sangue più si pasce:
      Chi vede spoglia e i suoi pupilli in fasceE chi di povri corre alla ruina
      Quell'anima è gentile e peregrinaChe per fraude e per forza fa più acquisto
     
      Così egli apriva la sua guerra col mondo.
      Ma già egli era in piena neuropatia. Fin d'allora ebbe visioni: lo confessò più tardi nella predica della Rinnovazione: "Io le ebbi fin dalla mia prima giovanezza; ma cominciai a manifestarle solo a Brescia".
      Di ventidue anni trovandosi a una predica "una parola sulla quale tenne sempre un segreto quasi misterioso", tanto gli rimane impressa, lo decide a farsi frate.
      Ed avendo (racconta il Burlamacchi) consumato più giorni in questo pensiero, una notte dormendo sentì spargersi il corpo d'acqua freddissima, per il che subito destandosi e narrando quanto gli era occorso, fermò l'animo a lasciare la gloria del mondo, ecc.
      Nell'Officio del venerabile Savonarola scritto nel secolo XVI ed illustrato dal Carducci, si legge che "l'anima di lui era spesso rapita, e alla luce divina per guisa accoppiavasi che il corpo venendogli meno ai servigi dei sensi ne restava come morto". Forse di questi accidenti neuropatici egli intendeva parlare quando diceva "che accade qualche volta alli profeti che per le visioni li viene qualche impedimento", perchè quando nelle sue prediche discorre di profeti è sempre manifesta l'allusione a sè stesso.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte I (da Colombo a Manzoni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1901 pagine 187

   





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