Ho mostrato nella Monografia su Passanante come egli, qualche volta negli scritti, e più nei discorsi, uscisse in concetti vigorosi, originali, che appunto indussero tanti in errore sulla natura e veracità del suo morbo, ricordiamo la frase: "Dove il dotto si perde, l'ignorante trionfa"; e quell'altra: "La storia imparata dai popoli è più istruttiva di quella che si studia nei libri".
Perchè se il cervello non giunge in essi alle concessioni geniali, ha, col genio e col pazzo comune, all'opposto del mondo volgare, il filo-neismo, la passione del nuovo, dell'originale.
È naturale, che in questi concetti, essi rinnovino i pensamenti dei politici o pensatori più forti, ma sempre a loro guisa incompleti ed esagerati; quindi nel Bosisio tu trovi esagerate le delicatezze dei nostri zoofili, e prevenute le idee della Royer sulla necessità dell'applicazione Malthusiana. E il De Tommasi, un sensale, truffatore, trovò ugualmente, salvo quanto vi aggiunse di erotismo morboso, un'applicazione pratica della selezione Darwiniana. E Cianchettini vuol mettere in pratica il socialismo.
Ma l'impronta della pazzia non è tanto nell'esagerazione delle loro idee, quanto appunto nella sproporzione in cui sono con sè medesimi, cosicchè a pochi passi da qualche raro concetto, ben espresso ed anche sublime, si corre subito a uno più che mediocre ed ignobile, paradossale, quasi sempre in contraddizione coi ricevuti dai più e colle condizioni loro e colla loro coltura: quello, insomma, per cui Don Chisciotte invece di strapparti l'ammirazione, ti fa sorridere: eppure le sue azioni, in un'altra epoca, ed anzi in un altro uomo, sarebbero state ammirabili ed eroiche; e ad ogni modo in costoro i tratti di genio sono piuttosto l'eccezione che la regola.
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