Come, continua egli, quei traditori avevano saccheggiato i pellegrini nel giorno della sua festa, quel Santo ne prese vendetta per mano di un tribuno, tre giorni appresso, cioè a dire nel giorno di S. Colombano, che glorificò la colomba del nostro drappello
. Si noti questo gioco di parole di Colombo e Colombano, di tribuno e di tre giorni.
E con quei poscritti, che sono così abituali nelle lettere dei monomaniaci e che si trovano in pressochè tutte le sue corrispondenze, egli finisce:
Dato al Campidoglio, il giorno proprio della vittoria, il 3 novembre, in cui perirono sei tiranni della casa Colonna, non restando più che lo sciagurato vecchio Stefano Colonna, che è mezzo morto. È il settimo, ed ecco come il Cielo volle eguagliare il numero dei Colonna uccisi alle corone (sic) del nostro incoronamento (16), ai rami dell'albero fruttifero che ricordava i sette doni dello Spirito Santo
. Concetto e parole assolutamente pazzesche in cui fa intervenire Dio a spegnere una famiglia di eroi per fare un tristo bisticcio in suo onore, egli, che poche pagine prima, con bugiarda ipocrisia, così tosto smentita dai fatti, aveva scritto: "Stando al nostro carattere, non volemmo impiegare la severità della spada, per quanto giusta, contro coloro che possiamo far rientrare in grazia senza danno della libertà, della giustizia e della pace".
Comica e pazzesca è pure la maniera con cui in altra lettera a Rinaldo Orsini (22 settembre 1347) orpella quel suo enorme errore di mettere in libertà i nobili arrestati poco prima con tanti inutili infingimenti.
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