Carlo aveva detto bensì non potersi che per miracolo ristabilire l'impero; ma questo essere appunto un miracolo, che un pover'uomo potesse soccorrere l'impero cadente, siccome San Francesco aveva soccorsa la Chiesa; si svegliasse egli e cingesse la spada; non doversi ritener nulla la rivelazione dei frati, poichè tutto il nuovo e vecchio Testamento erano pieni di rivelazioni; poter egli solo impadronirsi di Roma. Se non lo faceva subito, Carlo perderebbe almeno centomila fiorini d'oro, delle gabelle del sale e degli altri proventi della città, accresciuti pel giubileo.
Entro un anno e mezzo il Papa morrebbe: molti cardinali sarebbero uccisi.
In quindici anni non vi sarà che un pastore ed una fede, e il nuovo Papa, l'Imperatore Carlo e Cola saranno come un simbolo della Trinità sulla terra. Carlo regnerebbe nell'Occidente, il Tribuno nell'Oriente. Per ora gli bastava di sostenere l'Imperatore nella sua andata a Roma; voler egli aprirgli la strada presso i Romani e gli altri popoli d'Italia, d'altronde avversi all'impero, così che scenda fra essi tranquillamente e senza sparger sangue e la sua venuta non sia cagione di lutto per la città e per tutta la nazione, come lo era stata quella degli altri imperatori".
Tanto che l'arguto arcivescovo di Praga gli scriveva: (Cod. Pelzel, pag. 121-122) "meravigliarsi come il Tribuno, dopo aver fatte cose che parvero sul principio venir da Dio, sì poco tuttavia esercitasse la virtù dell'umiltà, da considerare la propria elevazione come opera dello Spirito Santo, e da nominarsi suo candidato" (18) - il che gioverà notare contro coloro che credono quella sua follia non altro che un'ubbia dell'epoca.
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