Il tempo delle elezioni politiche è per Sandon un pretesto naturale per sfogare la sua follia ambiziosa (30). Egli attribuisce a Carnot la promessa formale di farlo nominare deputato di Parigi: tuttavia preferisce presentarsi nel suo paese (la Creuse), dove senza difficoltà troverà da 8 a 10,000 voti; malgrado ciò egli acconsentirebbe anche a presentarsi come candidato del Governo, il quale gli assicurerebbe l'unanimità; ma alla condizione d'essere sotto il patronato del conte di Persigny e non del duca di Morny. Ma poco dopo dichiara che accetterà roba per sua madre e per la sua serva, libri per sè, e andrà a vivere in un ritiro per farsi dimenticare.
Egli vanta l'amicizia più intima cogli uomini più altolocati, e dichiara che il suo banchiere ordinario è D'Haussonville, pronto per lui a pagare qualsiasi somma.
Nei suoi scritti si scorge facilmente com'egli creda che la Francia e l'Europa non si preoccupino d'altro più gravemente che della sua persona e della sorte che a lui è riserbata.
Egli la pretende a grande scrittore; si paragona a Montesquieu, e vedesi già aperte le porte dell'istituto grazie al suo Trattato sulla grandezza e la decadenza della democrazia, e in seguito a quanto gli avrebbe predetto Privat-Paradol.
E nulla diciamo della fecondità dei suoi scritti, della sua mania epistolare, che, in tutti i posti, a Parigi o a Telletin, in prigione o in libertà, dappertutto, tutti i giorni ed a tutti, gli fa riprodurre le stesse idee e le stesse frasi, senza che egli si arresti dinanzi al costante insuccesso della sua universale corrispondenza.
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