CAPITOLO VI.
Una nuova teoria psichiatro-zoologica delle rivoluzioni.
Ma costoro, per quanto rumore siasene fatto, non meriterebbero che alcuno se ne occupasse, se, insieme al grande Tribuno del Medio Evo, non ci porgessero aiuto a sviluppare un'idea che io accarezzo da molto tempo.
È una teoria psichiatro-zoologica delle rivoluzioni, di cui certo molti storici rideranno. Eccola:
La legge d'inerzia, che domina sovrana in tutta la natura, non perde i suoi diritti nemmeno nel mondo psicologico e nello andamento dei popoli; e la prima prova, la elementare, mi veniva alla mente leggendo una bella osservazione di Bret Harte sul cane conservatore, che abbaiava e s'accaniva ferocemente contro ogni novità che vedesse introdotta nel suo villaggio: le ferrovie, le vetture, il gaz, ecc.
Ora, a ben pensarci, tutti gli animali sono conservatori, e i cani, è noto, abbaiano a tutti i forestieri solo perchè forestieri, e vi hanno cavalli che non si lasciano montare dal padrone solo che abbia mutato vestito.
L'uomo lo è ancor peggio. Il fanciullo piange se lo mutano di appartamento e se gli si affaccia un viso nuovo; e così pure spesso il demente. E per gli adulti e sani il così faceva mio padre è una regola si generale che guai a chi vi manca; e tanto meno egli è civile, tanto più ha spiccata quest'antipatia ad ogni innovazione. Ben inteso, alle grandi novità; chè delle piccine tutti son avidi e ghiotti, e tanto più quanto più deboli di spirito, come i fanciulli e le nonne.
Così, nei selvaggi, tutti andranno a gara a mettere in mostra prima degli altri una penna di un nuovo colore o un tatuaggio a linee cilindriche invece che quadrate; ma Dio ci guardi di mutare i costumi, anche i più assurdi, dei loro padri.
| |
Tribuno Medio Evo Bret Harte Dio
|