Io vedo, del resto, nella bell'opera di Zanardelli (Avvocatura, 1879), lodata la proibizione indetta agli avvocati di Francia dal Consiglio dell'ordine, di farsi amministratori di società od anche membri dei consigli d'amministrazioni ferroviarie, onde non doversi trovare in collisioni di interessi. Ma quanto più ciò non deve applicarsi, quando si tratta di un Parlamento, dove essi, come legislatori, possono essere accusati di favorire leggi, di cui potrebbero approffittare come avvocati?
Come, se non si scema il potere immenso a questa avvocatocrazia che, assai più pericolosa, perchè meno avvertita, di quella sacerdotale di un tempo, va assorbendo tutto, che riesce ad entrare, come maestra suprema, nella marina, nell'agricoltura, nelle discipline, cui essa è assolutamente estranea, come credere che possa permettere uno svolgimento sicuro ed imparparziale in quella materia in cui è più competente, in cui le sue arti possono più abilmente essere adoperate e meno controminate e controllate dagli altri? E come può aver luogo urna vera giustizia, se da un lato si van togliendo, con continue manovre, le barriere contro al vizio, dall'altro, i deboli suoi difensori, i magistrati, sono lasciati inermi innanzi ai colpi dei loro naturali, legittimi, avversari?
Tutto ciò sia detto per l'avvocato patrocinante in penale. Ma per conseguire completamente lo scopo, una certa limitazione dovrebbesi imporre, anche, agli avvocati civilisti; anzi, credo che al benessere pubblico gioverebbe rendere più difficile, p. e., con tasse ed esami più severi, l'accesso agli studi giuridici, di cui sono troppi i cultori; sicchè non dia luogo ad un sedimento, sempre maggiore, di spostati, di mali politicanti.
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