La fiumana della vita moderna, tutta impregnata di fatti, ci passa avanti, e noi non ce ne avvediamo.
Quanto dovranno sorridere i nostri nipoti pensando che migliaia e migliaia di uomini hanno creduto sul serio che qualche frammento di classico, studiato sbadigliando e per forza, e dimenticato più facilmente che non appreso, e peggio ancora, le aride regole grammaticali di una lingua antica, siansi credute lo strumento più prezioso per acuire l'ingegno ed il carattere del giovane, più che non l'esposizione dei fatti che più lo dovrebbero interessare e più della ragione dei fatti stessi. Ma intanto si fabbricano generazioni, il cui cervello s'imbeve, per molto tempo, solo della forma e non della sostanza, anzi, più che della forma (che almeno potrebbe tradursi in qualche capolavoro estetico) di un'adorazione feticcia di quella, e tanto più inesatta, tanto più sterile e cieca, quanto maggiore fu il tempo che inutilmente vi si consumava.
E quando crediamo di avere ingoffati a sufficienza quei poveri cervelli di questa classica stoppa, li rinzeppiamo, per soprassello, di vacuità metafisiche od archeologiche.
Da ciò l'incapacità di capire il nostro tempo, da ciò l'esagerata importanza data a pezzi di carta che si chiaman progetti di legge, da ciò la degenerazione del carattere.
Quella menzogna perpetua verniciata di retorica in cui viviamo, che ci rende la penultima delle nazioni latine, oltre che dall'imbeverci di una vita la quale non è la nostra, dipende dall'abito di correr dietro alla forma, al suono delle cose più che alla sostanza e dalla lunga abitudine, continuata per tanti anni della giovinezza, di ingannarci e ingannare gli altri nell'apprendimento di una lingua alla quale non ci interessiamo punto; di supplire alle inutili fatiche colle arti dell'adulazione, dei falsi.
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