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      Però in linea generale c'è costantemente una diminuzione di reati nell'anno susseguente alla crisi, cioè nella ripresa dei commerci. Così, nel 1880 gli omicidi qualificati scendono da 6,54 a 5,87 e nel 1887 da 4,52 a 4,11, e i semplici scendono da 13,79 a 12,48 nel 1880 e da 9,13 a 8,38 nel 1887; però sono oscillazioni di troppo poca entità.
      Nulla affatto è l'influenza nei reati di ferite e di percosse che dànno a vicenda il massimo e il minimo, 167, 145, in due anni successivi di crisi, 1884, 1885.
      Notevole invece è l'influenza nei reati contro il buon costume che aumentano da 3,66 a 4,12, 4,29, 4,56 nella crisi 1884, 1885, 1886, e da 4,41 a 5,25, 5,62 nel 1888, 1889, dando in quest'ultimo una coincidenza nei due massimi della crisi e della criminalità.
      Notevole anche è l'influenza nei reati contro la sicurezza dello stato che diminuiscono regolarmente da 0,66 a 0,61, 0,45, 0,42 nel 1884, 1885, 1886 e da 0,49 a 0,26 nel 1888-89, dando anche qui nel 1889 una coincidenza inversa di massimo di crisi e minimo di delitti.
      Quanto alla frequenza dei fallimenti non vi è alcuna corrispondenza tra essa ed i furti, le truffe, gli omicidi e i reati contro la sicurezza pubblica. Incerta è la sua influenza sui delitti contro il buon costume i quali hanno tendenza ad aumentare parallelamente sebbene non proporzionalmente.
      Più decisiva è tale influenza sui reati di ferite e percosse che dànno il loro massimo nel 1888 (192) e il minimo nel 1880 (147) corrispondentemente al massimo dei fallimenti, 2200, e a uno dei minori, 749, col quale ha comune l'andamento ascendente.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833