Che questa esagerata mitezza sia deplorata anche altrove lo dimostrano le parole di Tallack e di D'Olivecrona.
I delinquenti, dice il Tallack (Difetti nell'amministrazione della giustizia penale d'Inghilterra e d'Irlanda. Londra, 1872, pag. 71, fra noi si avvezzano a riguardare la prigione come alcun che di fruttifero e di attraente: se non altro li assolve dalle spese di tavola, di alloggio e di vestiario, e li dispensa dal troppo affaticarsi
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Mentre il forzato, scrive D'Olivecrona, nel volgere dell'anno, consuma 33 chilogrammi di carne, il bracciante stabile di campagna non ha, di solito, in forza del contratto locativo, se non chilogrammi 25 e 1/2 di bue salato, 25 e 1/2 di maiale salato, che è quanto dire, in tutto, chilogrammi 51: assegno che deve bastare per lui, per la donna e pei figli (De la récidive, 1812).
All'ultima ora del suo gastigo (in Svezia), un forzato rese vivissimi grazie al direttore, dichiarando che, prima dell'arresto, non aveva mai gustato cibarie tanto sapide e sostanziose. In altro stabilimento, una femmina aveva fatto considerevoli risparmi sulla razione del pane, affinchè, diceva essa, i miei figli, quando sarò a casa, dividano con me il buon pane dello Stato (Id.).
Io non esito, continua egli, a porre fra le cause della recidiva l'indulgente trattamento che si usa ai forzati
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Oltre a tutti questi difetti, generali a tutta l'Europa, il carcere d'Italia ne ha anche di tutti suoi, o meglio di quelli che solo la Spagna può vantare comuni - ha la mala struttura che permette la facile evasione come in Girgenti e Caltanissetta, e forse in quasi tutte le carceri mandamentali - ha l'insufficienza, la sproporzione dei locali alle singole condanne.
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