Veramente il coltello non viene adoperato in Sicilia per ferimenti proditori; ordinariamente per questi vengono riserbati i rasoi e le armi da fuoco".
Ozio. - E, figli più spesso della barbarie, vi possono molto l'ozio e la miseria, che sono pure le cause di tanti crimini comuni. Tutti convengono, che l'infierire della mafia in Sicilia, sia dovuto, specialmente, all'influenza dei conventi, che distribuendo le zuppe, favorivano il pullulare dell'ozio. Cessate le zuppe, i neghittosi divennero mafiosi. La mafia, dicono tutti i prefetti, è un prodotto dell'ozio; dove si trovano oziosi, che vogliono vivere senza lavorare, ivi è la mafia. A Palermo non esisteva pochi anni fa alcun opificio, tranne la fonderia Orotea e la fabbrica di tabacchi. I ricchi non mettono in circolazione i loro capitali; il popolo non trova da impiegarsi, e quando è arrivato a prendere un piccolo posto, ne è geloso, per tema che qualcuno gli venga a prendere lo panuzzo (Locatelli, op. cit.).
Certo in grazia dell'ozio, preti e frati entrano sempre come parte e causa di malandrinaggio; il Napoletano, nel XVIII secolo, contava, su 4 milioni d'abitanti, 115,000 ecclesiastici, di cui quasi la metà frati; ogni villaggio di 3000 abitanti avea almeno 50 preti. Noto che nel gergo dei camorristi l'ordine era detto ubbidienza, proprio come nel gergo dei conventi. I preti faceano dell'accattonaggio un mestiere, spesso un'opera meritoria.
Una delle cause maggiori del brigantaggio e della camorra, dice assai bene Monnier, era l'abitudine diffusa fra i popolani di Napoli di far crescere i figli fino dal terzo anno in mezzo alle vie, accattonando e giurando per tutti i santi di esser orfani e di morire di fame: il mendicante si trasformava presto in borsaiuolo; cacciato in prigione, se vile, diventava una vittima; se forte, un affigliato della camorra.
| |
Sicilia Sicilia Palermo Orotea Locatelli Napoletano Monnier Napoli
|