Le dipinture, che ci ha dato il Villari sulle miserie del nostro popolo del sud, sono tali da farci terrore.
In Sicilia, scrive egli, altra relazione tra i contadini e i loro padroni non v'è che quella dell'usura e della spogliazione, di oppressi ed oppressori. Se viene l'annata cattiva, il contadino torna dall'aia piangendo, colla sola vanga sulle spalle. E quando l'annata è buona, gli usurai suppliscono alla grandine, alle cavallette, alle tempeste, agli uragani. I contadini sono un esercito di barbari nel cuore dell'isola, e più che contro il governo, insorgono sempre per vendicarsi di tutte le soperchierie e le usure che soffrono, ed odiano ogni governo, perchè credono che ogni governo puntelli i loro oppressori.
Negli Abruzzi vi è il sistema di mezzeria, ma nei tempi di cattivo raccolto, il contadino si sottomette all'usura del 12%. S. Jorioz racconta di una donna che pagava al suo padrone per ogni scudo imprestato 5 grani, ossia il 240%.
Nelle Puglie i contadini stanno quasi tutto l'anno nei campi, venendo chi ogni quindici, chi ogni ventidue giorni a rivedere in città la moglie. In campagna vivono in cameroni a terreno, dormendo in nicchie scavate nel muro intorno intorno, sopra un sacco di paglia. Li comanda un massaro, che somministra ogni giorno a ciascuno un pane nerastro, del peso di un chilogramma, che si chiama panrozzo. Questo contadino lavora dall'alba fino al tramonto; alle 10 del mattino riposa mezz'ora e mangia un po' del suo pane. Alla sera, cessato il lavoro, il massaro mette sopra un gran fuoco, che è in fondo al camerone, una gran caldaia, in cui fa bollire dell'acqua con pochissimo sale.
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