A forza di domande Barnardo riuscì a sapere dal ragazzo, che si mostrava cupo e sospettoso, esser egli senza padre, senza madre, senza amici, senza ricovero, dormire qua e là all'aperto, nei luoghi meno frequentati dalla polizia e che come lui vivevano molti altri ragazzi. Questo eccesso di miseria parve troppo a Barnardo che volle accertarsi del fatto e pregò il ragazzo di fargli conoscere il ricovero di quei ragazzi. Circa un'ora dopo mezzanotte uscì colla sua guida: dopo aver percorso uno dei peggiori quartieri di Londra, i due volsero finalmente entro un angusto cortiletto, passarono sotto una lunga tettoia e si trovarono dinanzi un muro assai alto. Su per quel muro s'arrampicò il ragazzo e dietro lui il dottore. Uno strano spettacolo fu quello ch'egli vide. Sul tetto a forte pendio, colla testa verso il comignolo, i piedi appoggiati alla grondaia, in posizioni variate, giacevano dieci o dodici ragazzi, tra i dieci e i diciott'anni, liberi almeno dal timore di essere scoperti dal loro naturale nemico: la polizia.
Là, in mezzo a quelle giacenti figure di miseria, il D.r Barnardo fece voto di darsi tutto all'opera di salvezza che fu da quella notte il compito della sua vita. Egli riuscì, povero e sconosciuto studente, a raccogliere da persone caritatevoli tanto da affittare in una stradicciola una casetta capace di contenere una ventina di ragazzi. Appena, lavorando colle sue mani, l'alberghetto fu pronto, spese due nottate a pescare nelle strade questa ventina di ragazzi.
Non saprei, dice egli, immaginare o dipingere una scena più lieta di quella della prima serata nella vecchia casupola, quando inginocchiandosi prima di andare a dormire, la mia prima famiglia di 25 figliuoli lodò meco la bontà del Padre nostro e pregò che non venisse loro mai meno l'aiuto di colui che provvede di cibo anche gli uccelletti
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