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      Carceri cellulari. - Una volta che si debba infliggere il carcere dobbiamo evitare il più che si possa ogni contatto reciproco del reo; quindi si parrebbe a prima vista il vantaggio del carcere cellulare, il quale, certo, per sè non emenda il delinquente, ma non lo acuisce nel crimine, e toglie, almeno in gran parte, la possibilità delle associazioni malvagie, impedisce il formarsi di quella specie di opinione pubblica, propria dei centri carcerari, che obbliga il reo ad aggiungere ai propri i vizi dei compagni, e pare raggiungendo il massimo degli ideali per le indagini giudiziarie, per isolare dal mondo esterno, cioè, un individuo di cui si vogliano raccogliere gl'indizi di reità, come per punire i delinquenti non incorreggibili che errarono per una prima volta, e a cui la vergogna e il danno della mutua conoscenza toglierebbe, poi, ogni pudore, o, come accado nelle case così dette di riforma, moltiplicherebbe la prima e debole tendenza criminosa colla invecchiata tendenza degli altri e con quella terribile vanità del delitto, che quando s'inizia finisce collo spingere l'uomo ai più atroci misfatti, anche senz'altro scopo che il misfatto stesso: e perciò offre, qualche volta, certo sui criminaloidi una diminuzione di recidivi(315), senza dar luogo a gravi danni nemmeno per la salute dei ricoverati, essendosi verificato in larga scala, ora, dal Lecour, che, a pari condizioni, i condannati alle cellulari dànno una cifra di suicidi, di alienati e di morti, uguale o di poco inferiore a quella dei carcerati comuni; offrendo, al più, una maggiore facilità al compiere inosservati il suicidio, un maggior abbattimento intellettuale, quando il sequestro venga prolungato di troppo(316); comechè la terribile noia della solitudine sia meno funesta delle perverse eccitazioni della società carceraria.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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