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      Le analogie vanno fino ai piccoli dettagli, che male si saprebbero prevedere, come p. es.: le leggi improvvisate dentro le associazioni, l'influenza tutta personale dei capi (Tacito, Germ., VII), il costume del tatuaggio, i giochi spesso crudeli (vedi Appendice), l'abuso dei gesti, il linguaggio onomatopeico con personificazioni di cose inanimate, la stessa speciale letteratura che ricorda quella dei tempi eroici, come li chiamava il Vico, in cui si lodava il delitto e il pensiero tendeva a vestire, preferentemente, la forma ritmica e rimata.
      Questo atavismo spiega l'indole e la diffusione di alcuni delitti. Così mal si saprebbe spiegare la pederastia, l'infanticidio, che coglie intere associazioni, se non ricordando l'epoche dei Romani, dei Greci, Chinesi, Taiziani, in cui non solo non erano considerati come un delitto, ma anzi qualche volta un nazionale costume; ed ecco forse intravveduta una spiegazione del frequente associarsi dei gusti estetici nei pederasti, appunto come nei Greci antichi(345).
      Il Garofalo ha mirabilmente riassunto i caratteri psichici del delinquente-nato, nell'assenza del senso di pudore - del senso di probità - del senso di pietà, che sono poi i caratteri più essenziali dell'uomo selvaggio (Criminologie, 2ee édit., 1895).
      Per chi, come Reclus e Krapotkine, obbietti, che però v'hanno popoli selvaggi buoni, pudichi e giusti, basta rispondere: che vi vuole un certo grado di densità, di associazione negli uomini perchè alcuni delitti vi si svolgano: che non si può rubare quando non vi sia proprietà, nè truffare quando non vi sieno commerci; ma il fatto che appena il selvaggio diventa barbaro, o s'avvicina almeno di un grado ai popoli civili, presenta sempre ed esagerati i caratteri criminosi, prova che essi vi esistevano in germe; e poi Ferrero(346) ci fece accorti che anche quando la probità e il pudore esistono nei selvaggi, non vi manca mai la impulsività che si traduce in momentanee sì, ma tremende ferocie, appunto come in molti criminali apparentemente buoni; nè manca mai l'odio del continuato lavoro (che è pure un altro dei caratteri essenziali del criminale), tanto che il passaggio al lavoro attivo e metodico, si fece solo mediante la selezione e i martiri della schiavitù.


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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