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      Spingendo le analogie atavistiche, così, fino al di là della razza, ci possiamo spiegare anche la frequenza della saldatura dell'atlante coll'occipite, la sporgenza del canino, l'appiattimento del palato, la concavità dell'apofisi basilare (p. 24), la frequenza della fossa occipitale mediana e il suo sviluppo straordinario, precisamente come nei Lemurini e nei Rosichianti: il piede prensile, la semplicità delle rughe palmari(347), il mancinismo anatomico, motorio e sensorio, la tendenza al cannibalismo anche senza passione di vendetta, e più ancora quella forma di ferocia sanguinaria mista a libidine, che ci manifestarono il Gille, il Verzeni, il Legier, il Bertrand, l'Artusio. il marchese di Sade, pari affatto ad altri studiati dal Brierre, in cui l'atavismo era favorito però da epilessia, da idiozia o da paresi generale, ma che sempre ricordano l'accoppiamento degli animali preceduto ed associato a lotte feroci e sanguinarie, sia per domare le renitenze della femmina, sia per vincere i rivali in amore(348).
      Anzi il primo e più grande descrittore della natura, Lucrezio, aveva osservato come anche nei casi ordinari di copula può sorprendersi un germe di ferocia contro la donna, che ci spinge a ferire quanto si oppone al nostro soddisfacimento.
      Questi fatti ci provano chiaramente, che i crimini più orrendi, più disumani, hanno pure un punto di partenza fisiologico, atavistico, in quegli istinti animaleschi, di cui l'infanzia è una pallida eco, che rintuzzati nell'uomo civile dall'educazione, dall'ambiente, dal terror della pena, ripullulano, a un tratto, sotto l'influsso di date circostanze, come: la malattia, le meteore, l'imitazione, l'ubbriacamento spermatico, prodotto dall'eccessiva continenza, ond'è che si notano sempre nell'età appena pubere, nei paresici od in individui selvaggi o costretti ad una vita celibe o solitaria, preti, pastori, soldati(349).


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L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia alla giurisprudenza ed alla psichiatria
(Cause e rimedi)
di Cesare Lombroso
Fratelli Bocca Editori Torino
1897 pagine 833

   





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