E ad ogni modo, chi non vede essere questo della difesa una specie di diritto, che esercitiamo ad ogni momento della vita?
Come credere ad un principio assoluto, eterno, di giustizia nell'umanità, mentre vediamo tanta differenza in proposito a poca distanza di spazio e di tempo: quando vediamo punirsi la bigamia ed il ratto ben diversamente in Inghilterra dalla Germania; quando vediamo pochi anni fa punito di morte o quasi un Ebreo che accedesse ad una meretrice cattolica, od un cattolico che si lasciasse sfuggire un'involontaria bestemmia, mentre altrove l'infanticidio e l'incesto eran permessi o tollerati; quando vediamo tuttora ammesso il diritto di grazia e quello di prescrizione, quasi il favore altrui od il tempo potessero cancellare o mitigare l'indole prava della colpa.
Quanto alla teoria di alcuni nostri(362) che considerano la pena come l'atto legittimo del potere sociale, per cui si effettua tanta restrizione di libertà quanto ne esige la reintegrazione dell'ordine giuridico, io, affatto digiuno delle sublimi astrazioni giuridiche, confesso che non posso farmene una idea chiara, che sia molto diversa da quella di Kant. Ma se veramente questa definizione, come Mittermayer e Lucas la interpretavano, porta a considerare la pena come un male giusto che si infligge, per la sicurezza dell'ordine, a chi commette un male ingiusto, a chi è più temibile, io mi troverei completamente d'accordo. Sarebbe la teoria della difesa. Ben inteso che crederei strano ed audace il volere dedurre dai fili aracnei di una definizione, per quanto sublime e completa possa essere, tutto un sistema penale che decide di migliaia di vite.
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