Tutti sanno infatti che nei tempi antichi, e anche ora nei popoli meno civili, i più nefandi delitti furono e sono adoperati come arma politica; noi possediamo anzi una specie di codice (quello di Machiavelli), che è tutta una serie di progetti criminosi a scopo politico, di cui il Borgia fu l'esecutore, o meglio il modello.
E certo dal Consiglio dei X di Venezia che pagava sicari ed avvelenatori a scopo politico, alla fucilazione del duca di Enghien, alla S. Barthelemy, o alla orribile carneficina di Algeri, quando il generale Bougeaud soffocava migliaia di infelici nelle caverne; alle infamie degli Americani e dei Portoghesi, che, per diradare e vincere gli indigeni, spargevanvi il vaiuolo e la sifilide, è il delitto che regna sovrano nella storia antica dell'uomo e, pur troppo, anche nella più vicina a noi.
Tutti ricordano le corruzioni parlamentari di Pitt e di Guizot, le menzogne e i tradimenti di Fouché e di Talleyrand, e, a pochi mesi quasi di distanza, le persecuzioni sanguinose degli Ebrei e dei Polacchi; poiché nei modernissimi tempi come nei più antichi si usarono contro i popoli deboli dai popoli più forti quella menzogna e quella violenza che nei privati sarebbero state considerate delitti. Reticenza e bugia sono, oggidì, diventate sinonimo di linguaggio diplomatico.
Di recente, i processi della Banca Romana hanno mostrato che, nei popoli poco civili, la morale politica è disgiunta da quella privata, e che vi può essere fra noi ministri immorali - anche essendo altamente stimati, od almeno senza destare quel ribrezzo che si destarebbe per una uguale azione in privato.
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