Anche la razza nostra, per molti e molti secoli, dovette storpiare il suo genio entro le anguste pastoje di queste scritture, così nemiche allo svolgimento del pensiero; e noi ne abbiamo una prova nelle rune e nella stessa parola <"gràpho"> per scrivere, che vuol dire dipingere.
Ma, un giorno aguzzati probabilmente dai forti bisogni dei commercj, i Fenicj riescirono a trasformare l'immensa e confusa raccolta ideografica nel nostro alfabeto. Secondo il Marzolo, essi vi si adoperarono come usano le mamme coi bimbi, quando loro apprendono le lettere facendole raffigurare dapprima sotto la maschera ed i contorni di qualche oggetto notissimo, per esempio un pomo od un'oca.
Perciò si prevalsero dei segni dello zodiaco e di alcuni pianeti, che negli sconfinati mari o nei deserti erano la sola bussola di quei poveri viaggiatori. Così , il toro che apriva la serie del preistorico zodiaco, divenne foneticamente e graficamente il segno dell'A; e veramente l'A majuscolo è una pittura, di una testa di toro rovesciata [vedi figura] come lo è certo l'alef ebrea e la fenicia. Così maim, aqua, segno dell'aquario [vedi figura] restò segno dell'M, e ne porta ancora le traccie. Così i due pesci [vedi figura] nun, uniti con una lineetta, restarono il segno dell'N.
Questa ipotesi del mio Marzolo mi pare tanto più sicura, quando penso con quanta tenacia restarono infitti i segni dello zodiaco nella memoria delle plebi, che ancora se ne giovano, nei lunarj, quantunque non ne abbian più bisogno.
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