Così quelle stesse mutazioni che noi vedemmo subire il Negro trasportato in America, e che si potrebbero accagionare a mistione di sangue, noi le sorprendiamo al di fuori d'ogni influenza bianca. Nel centro dell'Africa, alle sorgenti del Nilo, noi troviamo con Speke e Baker i Negri dell'Uganda (Fig. 31) e dell'Unyamnes, i Pehul, i Bambara (Fig. 32), co'l viso ovale, con l'occhio grande, co'l naso rincurvo, co'l capello lungo e perfino con la cute rosea e colla barba abondante: sorprendiamo insomma il Negro in atto di diventare Semita.
[vedi figura - Nere Bambara, con annello nasale.]
V'hanno fra li abitanti di Gorea, e perfino fra i malfamati Niam-Niam, tipi gentili, che s'avvicinano nel cranio e nel volto, non che al semita, ai tipi di Europa, al tipo greco; e le belle favorite dei re di Shintè, dei Lataka e degli Obbos (Fig. 33) potrebbero, se non per l'acconciatura, pel volto loro, far mordere il labro alle nostre più rinomate beltà; e il Cafro ti mostra delle labra poco più grosse delle nostre, e i capelli lanosi sì, ma lunghi, e folta la barba, e il viso poco prognato, e la lingua che s'avvicina all'egizia e alla berbera.
[vedi figura - Rokko moglie di May della tribù Lataka - tatuata e con annello vitreo nel labro inferiore (Speke).]
E nell'Africa settentrionale, nella valle del Nilo, troviamo già sparse delle razze intermedie che ci è forza considerare come ulteriori trasformazioni della melanica. Sono razze che nessun etnologo ebbe il coraggio di dir nere, ma nemmeno di dir bianche, la cui origine non si può derivare al di fuori dell'Africa, e che molto bene vengono ora chiamate dal F. Müller camitiche (Novara Reise.
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