Dalla vacca e dal toro s'intitolano la terra, il cielo, la luce, lo spazio, l'occhio, la parola; perfino la famiglia vuol dire serbatojo e tutela di buoi (gô-tra): per molto tempo essi non ebbero a pensare al pajo se non quando aggiogavano i buoi, nè eressero stalle se non per quegli amati quadrupedi; e quindi dissero un paio di buoi (gô-jug) per dire un pajo. Volendo più tardi significar un pajo di cavalli, questi sublimi pensatori dissero un pajo di buoi di cavalli; come per molto tempo, per parlarvi di una stalla per cavalli, essi vi dicevano una stalla di buoi di cavalli, usva-go-shtha. (Bopp. Gloss. Sanscrit. 1867).
E quello che nelle lingue, accadde anche nella scrittura, nelle arti e nella politica.
La parola in greco, meljan in gotico, mostra come in origine la scrittura dei Bianchi fosse pittorica: nei tempi moderni noi ne troviamo un vestigio nella parola score inglese, che vuol dire: taglio in una scorza d'albero, cifra 20, memoria, conto, ragione; e nel V. e nel X. romano che rappresentano ancora con grossolano contorno una e due mani.
Quanto alle arti, gl'idoletti grossolani dei primi tempi della Grecia e dei Fenicj non hanno nulla da invidiare alle informi sculture degli artefici australiani (vedi Fig. 13). I monumenti megalitici che si rinvengono nell'interno dell'Africa e in America in qualche isola oceanica, precedettero anche nelle nostre terre le grandi opere dell'arte greca e romana.
L'infausto cibo prediletto dell'Australiano fu, a quanto trovarono Vogt e Regnault, gustato purtroppo anche dai nostri padri dell'età della pietra; e la parola coppa, la frase beverne una crepa, ricorda i tristi giorni in cui facevamo tazza nel cranio dei nostri simili.
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