Io dico che colui nun curre.
E bastasse questo. Ci sono degli altri verbi che nun si possono assolutamente cogniugare cusì. Presempio:
Io vado in automobile, tu vai in automobile, colui va in automobile. Ma bravo! e chi va sotto? e il vile pedone dove lo lasci?
Senza contare che ci sono dei verbi che a cogniugarli accusì, ti tocca poi di fare a pugni con la loggica.
Presempio: Io sbafo, tu sbafi... Eh!... per bacco, se io e tu sbafiamo, colui paga. Magari pago io, paghi tu, facciamo a la romana, facciamo come ci pare.
Ma se sbafiamo tutti, o bisogna supporre un paio di colui, o paga quello che ha scritto la grammatica.
Quindi io m'aribbello e sostengo che i verbi dovrebbero coniugarsi in un modo più confacente alla vita, che sarebbe, presempio, il seguente:
Io curro, tu ci hai una cambiale protestata, colui fischia la marsigliese.
Io canto, tu te ne vai, colui si attura le orecchie.
Io tengo una conferenza, tu la mastichi male, colui dice: accidenti a quando ci sono venuto.
Io compro un sighero, tu te lo fumi, colui sputa.
Io vado in automobile, tu mi guardi con invidia, colui sente la puzza de la benzina.
Io litigo, tu litighi, il terzo gode.
Io piglio moglie, tu mi compiangi, colui... come sopra.
Ora, premessi questi metodi, e dimostratoci come ho tirato su questa creatura mia, io sento la necessità di arivolgermi a lorsignori per un cunsiglio.
Un giorno o l'altro questa creatura mia romperà la cunsegna e crescerà. Con cui allora me ti zompa davanti il problema più arduvo: Che carriera ci farò prendere?
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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna pagine 188 |
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