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      Laddove, arifletti che ti arifletti, rivai a questa conclusione che la Patria è come il sole, la vita e i pugni in testa: nun si discute, si accetta. La Patria è la madre. È bona?... Ci devi baciare la mano. È cattiva?... Baciaci pure i piedi e arispettela lo stesso.
      Questo è, diremo accusì, l'imperativo assoluto per sprimersi come il principale del Padre Eterno. Poi, naturalmente, ogni bipide senza penne ci ha sul naso pisicologgico un paro d'occhiali metafisichi, coi quali vede le cose, vuoi rosse, vuoi verdi, vuoi color ventre di cane fugace, vuoi color di spirito dei suoi perversi defunti.
      Si dovessimo prendere per punto di partenza alcuni bipidi, ci dovrei dire: La Patria è quella cosa che "altamente si afferma".
      Lei, magari in forma privata, se ne stropiccerà come il Kaiser d'un trattato, ma in pubblico lei dà una sgrullata ai capelli, fa due bagliocchi di mossa leonina e esclama: Il mio patriottismo?... Ma io altamente lo affermo !...
      E se ci ha i capelli un po' ondulati e ci viene bene la mossa, è capace che lo fanno puro deputato. Si lei nun fa accusì, e si tiene il patriottismo in corpo, fenisce che lo piglieno per un vecchio patriotta, e ci tocca aspettare d'essere morto e che capiti un ministro con un parente scultore, per arimediare due centesimi di monumento.
      Avvi, viceversa, il tipo dell'antipatriotta, invelenito e furibondo, o Dentiverdi che dir si voglia.
      Questo signore ti parte dall'idea che per ogni Itagliano che deve nascere, l'Itaglia lo va a aspettare, diremo accusì, a la stazzione, e ci dice: Pss, pss, pss!


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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna
pagine 188

   





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