Come me ti lavoro l'Aedo
Ti accuso Corrado Brando.
Sa, io non sono di quei critici che te si impancano a tener catedra di tutto, quindi nun ci entro in materia speciale, ma lei, prendendo le dovute precavuzzioni per la sicurezza personale, avrebbe la bontà di salutarmi Corrado Brando?
Lei deve consapere, anzi oramai lo saperà, che Terresina mi tira sempre fori l'affare dell'omo plebbeo e dice che l'arte nun la capisco e figureti poi la modernità.
Laddovechè quando si annunziò che facevano più che l'amore, non connetteva più e diceva che doveva essere una sciccheria: per cui ne consegue che tutto il giorno ti consultava il Fogazzari e il linguaggio dei fiori per vedere che cos'era.
Detto un fatto, tanto fece, che io e il sor Filippo decidessimo di andare con lei, e alle cinque di sera eravamo nel portone della galleria, indovechè c'era tanta gente che si pole figurare che pisto.
Io ci avevo il cravuse de le grandi occasioni, e Terresina il fiocco di sciffonne dietro, che in quella calca ci diventò onor di capitano, come una bandiera vecchia qualunque.
E il semolino che me ti ero messo in saccoccia con una provatura dentro per ingannare lo stommaco me ti diventò come un'ostia e Dio lo sa che patacca.
Con la quale Terresina, per via che aveva lasciato il pupo solo in casa, ogni tanto ci sbottava l'ideale infranto, e allora povero me.
Nun ci dico i tuzzi, incofenate, pizze, ginocchiate, acciaccate di calli, spintoni e strappi che avessimo per le scale, ma come Dio volle eccoci a sedere su un colpo d'occhio che levati.
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Come ti erudisco il pupo
Conferenza paterno-filosofica ad uso dell'infanzia e degli adulti
di Luigi Lucatelli
Edizioni Cappelli Bologna pagine 188 |
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