Ma in Italia era un popolo fiero per forza di armi e potente di senno naturale che volle dominare su tutte le genti: i Greci per molti secoli lo combatterono, e in questa lunga lotta, che cominciò da Pirro, chiamato a difendere l’independenza delle colonie elleniche, sempre l’ingegno greco si oppose alla forza romana; Archimede a Marcello; infine dovettero cedere alle armi ed alla virtù di Roma, e perdettero la libertà politica che non seppero più difendere nè meritare. Allora avvennero due cose: la prima, che l’impero del mondo fu tosto diviso fra i due popoli, i Romani tennero la forza politica delle armi e delle leggi, i Greci la forza intellettuale del sapere e delle arti; gli uni diventarono i padroni, gli altri seguitarono ad essere i maestri del mondo. La seconda, che i Romani acquistarono un tesoro immenso di cognizioni novelle, rammorbidirono i feroci costumi, si educarono e ingentilirono, ma avendo trovata una civiltà già compiuta e vecchia, e vizi e morbidezze sconosciute, in queste si tuffarono con impeto di conquistatori, e in poco tempo s’imbestiarono bruttamente, sprofondarono in una corruzione sì turpe e nefanda che è vergogna anche narrarla: i Greci per contrario non appresero nulla, e rimasero quali erano, anzi dispregiavano i loro imitatori; acquistarono solamente persona e diritti che prima non avevano, e così avendo parte di potere, sentirono meno la servitù comune. Già il mondo da Alessandro ad Augusto si era educato e incivilito: dal Tigri alla Bretagna, e in tutti i paesi che stanno sul Mediterraneo le scienze, le arti e la lingua dei Greci erano diffuse: ma il mondo era anche corrotto, perchè i principii onde era cominciata quella civiltà, non erano i veri principii della ragione, la quale sempre apparisce tardi nella vita degli uomini e dei popoli.
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