Questa varietà immensa aveva armonia di parti, non unità: quindi come esse parti andavano crescendo ed invigorendo ciascuna per sè, quell’armonia andò dissolvendosi: la libertà civile tosto cadde sotto il braccio di Alessandro, che invano tentò di dare unità a tante parti dissociabili, e fare un impero greco; con la libertà caddero le arti; il sapere trovatosi discordante dalla vita, si ritirò nelle scuole; il costume pigliò mollezza barbarica; il sentimento si corruppe nel profondo dell’anima, ed il popol greco arguto e gaio, rise piacevolmente de’ suoi iddii, e trattò come una sciocchezza ed una bugia quella religione che era stata il senno, la verità, la vita e la gioia della sua giovanezza. Così l’ingegno greco di acuto divenne astuto; il costume di lieto, lascivo; l’eloquenza da intima espressione del sentimento, un freddo giuoco del pensiero; la filosofia da ricerca del vero, una sottilissima ricerca delle forme del ragionamento; la civiltà intera divenne una corruzione. Il concetto della bellezza che nei Greci era un senso squisitissimo, li condusse a quella civiltà maravigliosa, a quella libertà, a quella gloria, a quella luce di arti e di scienze: ed essi ritennero sempre questo senso, che era la loro indole, e con questo ornarono quanto fecero e quanto dissero. Scendendo in basso, essi non caddero dove sprofondarono i Romani e dove l’uomo perde la coscienza di essere uomo: anche scaduti e corrotti furono maggiori degli altri, anche servi comandavano ai padroni, e li facevano pensare e parlare come loro.
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Alessandro Greci Romani
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