L’impero romano, retto da cinque buoni principi, nel secondo secolo parve che godesse d’una rara felicità, avendo nel secolo antecedente sofferte tutte le miserie e le vergogne dell’ultima servitù. Il vecchio Nerva fece sperare, e Traiano fece a tutti godere sicurezza e libertà, rimesse negli eserciti la disciplina, e vinse i Daci, fiere genti di Germania, dai quali il codardo Domiziano aveva comperata una pace obbrobriosa. Ma come se fosse fatale che i romani imperatori dovessero far patire sempre una parte del genere umano, mentre l’impero era tranquillo, Traiano per solo desio di gloria e di conquisti portò la guerra contro i Parti, e conquistò molte regioni dell’Asia quasi sino all’India. I Giudei, colta l’occasione, si levano e scannano mezzo milione di uomini in Mesopotamia, in Alessandria, in Cirene, in Cipro: ma ne fu fatta aspra vendetta, e le armi romane desolarono e pacificarono l’Asia. Adriano per prudenza o poco animo non serbò le conquiste asiane, e volle che l’Eufrate fosse l’oriental confine dell’impero. Cólto e vanitoso resse pacificamente, frenò l’arbitrio dei magistrati pubblicando l’editto perpetuo, visitò tutte le province per vedere e provvedere ogni cosa, cercò ravvivare gli studi delle scienze e delle arti, talora giusto e moderato, talora crudele, invidioso, difficile, fu più fortunato che buono. Scelse a successore Elio Vero, piaciutogli perchè giovane bellissimo e lascivo; il quale per suoi vizi e fortuna di Roma tosto si morì; ed Adriano ebbe il senno di adottare Antonino, e volere che questi adottasse il giovane Marco Aurelio.
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