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      Intanto i Sarmati, i Quadi e i Marcomanni chiamano all’armi tutta Germania, e minacciosi avvicinansi all’Italia desolata dalla peste, afflitta dalla fame, sbigottita da questa furia di guerra. Escono i due imperatori a combatterli, e li vincono presso Aquileia: muore L. Vero dopo nove anni di regno, e Marco rimane solo. Rifanno testa i barbari dal Boristene al Reno, dal mar di Germania al Danubio, e Marco deve cedere: dipoi li ricaccia, e trionfa; i vinti risorgono più fieri, ma dopo varia fortuna prevalse il senno ed il valore del guerriero filosofo. Uomo degno di vivere in tempi migliori, guerreggiava da prode, e governava coi sermoni, piacendosi d’insegnare pubblicamente nelle città della Grecia, dell’Asia, e in Roma i precetti della filosofia stoica. E quando era sul partire l’ultima volta da Roma per la Germania, i senatori, i cavalieri, il popolo in folla andarono a dimandargli consigli e norme per la vita: e l’imperatore romano per tre dì sciorinò massime stoiche al popolo radunato che l’ascoltava. Invasato delle astrazioni di una rigida filosofia, non conobbe nè il mondo nè la sua famiglia; s’associò un giovane dissoluto, indiò una moglie impudica, lasciò l’impero ad un figliuolo scellerato. La sua vita fu pura, il sapere sodo, il cuore buono, ed anche quei che ridevano della sua vanità dovevano rispettare le sue virtù.
      VIII. Il secolo degli Antonini parve beatissimo non pure perchè successe ad un secolo di oscena tirannide, ma perchè fu seguito da un altro secolo anche peggiore: in cui fu veduto Commodo feroce gladiatore e cocchiere, Pertinace ucciso, come Galba, dai soldati che messero all’incanto l’impero, e Didio Giuliano lo comperò; poi i furori di Caracalla, e gl’intrighi di due scaltre donne che posero sul trono l’ultima vergogna del genere umano, l’infame Eliogabalo; poi tanti imperatori assassinati, e gli assassini divenuti imperatori; infine non altro che il nome d’impero romano, tutto il potere in alcune migliaia di soldati barbari che creavano imperatore il loro capo, e questi reputava sè essere lo stato, il suo campo Roma, la sua volontà legge a tutti.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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