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      Non dirò di Tessalonica e di Filippopoli in Macedonia, non delle cinquecento città dell’Asia, tra le quali Smirne, Efeso e Pergamo contendevano del primato: ma ricorderò solamente di Antiochia e di Alessandria, già metropoli dei regni di Siria e di Egitto, e che a mala pena cedevano a Roma per vastità ed opulenza.
      Antiochia, che spesso fu dimora e sedia d’imperatori, popolata di mezzo milione di uomini, ricca delle ricchezze dell’Asia che in essa raccoglievansi, piena di piaceri, di spettacoli, di retori, di filosofi, di giudei, di cristiani, di sacerdoti della dea Siria, era la città più molle e voluttuosa dell’oriente. I suoi abitatori, come tutti i cittadini delle città popolose, arguti e beffardi ridevano del pudore, della vecchiaia, di tutto, non avevano altro scopo ed altra religione che il piacere, ed alla stemperatezza degli Asiani univano il gusto dei Greci. Cinque miglia distante da Antiochia e in un gran bosco di lauri e di cipressi era il famoso tempio di Apollo, e pressogli il villaggio di Dafne nel bosco. Il tempio era ricco di oro, di gemme e delle opere dei greci artefici: la statua del dio era colossale. Come in Delfo, vi era una fonte detta Castalia, le cui acque si credevano profetiche: v’era uno stadio, dove ogni cinque anni si celebravano giuochi olimpici con profusissime spese e grande concorso di gente, che dalle più lontane contrade vi accorrevano continuamente: e quivi tra le ombre di quei boschetti irrigati da mille freschi ruscelli e in quell’aere profumato, celebravano tutti i misteri del piacere.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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