Credevasi da tutti di fare cosa grata ad un dio cercare e godere ogni specie di diletto, sprofondarsi nelle lascivie, le donne prostituirsi, gli uomini infemminire. Invano la ragione si opponeva alle conseguenze nefande d’un errore che nasceva da un principio religioso; erano savi solamente quei pochissimi che non ne abusavano, ma l’abuso non era vietato da alcuna legge, anzi vi furono filosofi che posero il sommo bene nel piacere che muove il senso, ed altri che lodarono l’amor dei garzoni, e lo proposero come premio ai valorosi. Nondimeno i primi abitatori della boscosa Italia e dell’alpestre paese dell’Ellade sentivano più forte altre passioni che la voluttà. Saturno e Mavorte, l’agricoltura e la guerra sono antichi dei di nome, d’indole e di costumi italiani: Pallade e Nettuno, le arti ed il commercio marittimo, furono gli dei che si disputarono la signoria d’Atene e dell’Ellade. Afrodite venne dalle isole dell’Egeo e dai lidi dell’Asia, dove la bellezza del cielo, la grassezza della terra, e la caldezza del clima facevano sentire più potenti gli stimoli del senso. Gli Elleni accolsero volentieri la bella marina, ma le diedero per ancelle le Grazie, figliuole dell’ingegno; i Romani che volevano per loro ogni cosa, la vollero genitrice della loro schiatta. La religione del politeismo avendo indiate tutte le passioni e le virtù ed i vizi, e le follie umane, le quali tutte sono la gran realtà della vita, non aveva quella morale pura che è conseguenza della ragione divenuta legge eterna ed iddio.
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