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      Quindi gli stessi Ateniesi che senza scandalezzarsi udivano le piacevolezze e talora anche gli strazi che Aristofane diceva degli dei pubblicamente su la scena, condannarono a morte Socrate che popolarmente gli Dei negava, ed insegnava nuove dottrine che corrompevano la gioventù. Se noi ascoltiamo i discepoli di questo filosofo non sappiamo concepire come un uomo di tanto sapere e di tanta virtù fosse dannato a morte da un popolo sì colto ed amico di ogni bella azione: ma quando udiamo Aristofane, rappresentante il senno popolare, il quale lo morde perchè negava seriamente gli Dei, Socrate ci pare più uomo perchè commise l’errore di affrettarsi di troppo, e gli Ateniesi più ragionevoli perchè serbavano intatte le loro istituzioni. Dipoi mutarono i tempi ed i costumi: Epicuro potè sicuramente insegnare che gli Dei non si curano delle cose di quaggiù, e i suoi discepoli dicevano più aperto, e pubblicamente nelle piazze discutevano, che gli Dei non esistono, che la provvidenza è un vano nome, che il piacere è il sommo bene dell’uomo. Queste dottrine si sparsero per tutte le classi e nel popolo stesso, il quale non credette più ai suoi iddii patrii, e andò perduto dietro tutte le superstizioni forestiere, e cercò altri iddii, perchè senza iddii non poteva vivere. Le persone colte o d’ingegno svegliato non credettero interamente a nulla, e tennero la religione antica come un’istituzione civile ed un costume che bisognava conservare perchè non v’era di meglio, e non faceva gran male; come una cosa non più divina ma umana; ed infine per la ragione più potente, che ella era unita all’arte e serbava molte bellezze.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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