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      Insomma sentimento religioso non v’era più, ma bassa superstizione nel popolo, pieno scetticismo negli uomini di conoscenza. La plebe romana come più ignorante della greca, era più superstiziosa, e matta di religioni forestiere: i savi per solo fine politico serbavano l’antica, nella quale non credevano affatto. Quando i Romani liberi credevano negl’iddii, avriano stimato empietà
      dare ai loro grandi uomini onori divini; ma i Romani servi, irreligiosi e corrotti indiarono i loro imperatori: e l’accorto Tiberio accettò di essere un iddio, non perchè ei si tenesse tale, ma perchè al suo divino onore era congiunta la venerazione del Senato. (Tac., An., lib. 4, c. 37.) Così la religione del bello degenerò in religione del piacere, e la religione del diritto degenerò in religione della forza: onde l’una fu derisa come stolta, l’altra abborrita come ingiusta: entrambe mantenevano la corruzione e la servitù del genere umano.
      XVI. A mali sì grandi e sì gravi cercava di rimediare la filosofia, ma essa li aveva accresciuti col riuscire che ella fece allo Scetticismo, che divenne dottrina e pratica generale: e vanamente gli Stoici presumevano di correggere e raddrizzare l’umanità; essi furono impotenti o ipocriti. A ridestare la vita non ci voleva la verità astratta che è verità morta, ma una verità viva d’immaginazione ed animata di novelli affetti, non bastava la filosofia presente, ma bisognava una nuova religione. Era questo il bisogno dell’umanità tuttaquanta, sentito da molto tempo, e specialmente nelle infime classi del popolo, e nei servi, e nelle donne, e nei miseri, che erano esclusi dall’umanità antica.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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