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      Essi erano savi, dabbene, amantissimi della verità, e se l’avessero scorta in esso l’avrebbero tosto abbracciata. Non la videro, e non per colpa loro, nè per manco d’intelligenza o di volontà, ma perchè ella era ancora greggia, e coverta da scorie superstiziose. Il tempo la scoprì, la forbì, la rendette splendidissima, e non si può imputare a quelli di non averla conosciuta; perocchè ogni uomo con l’ingegno non si estende di là dal suo secolo, come con la vista non si estende di là dal suo orizzonte.
     
      SAPERE.
     
      XVII. Il sapere antico appartiene ai Greci, che non pure lo trovarono, ma recarono a perfezione, e lo diffusero tra tutte le genti. Il sapere degl’Indiani e dei Cinesi, per quanto si voglia antico e vasto, ha un certo che d’incondito e di disarmonico, e rimase chiuso agli altri popoli, i quali però non ne ebbero alcun bene. Il sapere dei Persiani e degli Egizi fu oscurato da quello dei Greci, come la Persia e l’Egitto furono conquistati dai Greci, e ridotti a gentilezza. Sia pure il Greco un fanciullo per età a petto dell’Egizio e del Persiano; ma questo fanciullo diventò subito un uomo straordinario, e quei suoi vecchi maestri rimasero mediocri. Il sapere dei Romani, come tutte le cose loro, era nello stato e per lo stato, era solamente prudenza civile; e quel popolo non ebbe propria altra scienza che quella delle armi e delle leggi. I fanciulli romani imparavano a leggere sul libro delle dodici tavole:(6) i loro gran savi furono giureconsulti, che spesso comandavano anche le armi,(7) e fiorirono massimamente nell’impero, perchè nell’impero l’idea romana del diritto ebbe nuovo e più largo esplicamento, le leggi moltiplicate per la corruzione si separarono dal costume, divennero cosa astratta, e però la scienza del giure stette da sè, e giunse a maturità piena.


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Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini
Volume Primo
di Lucianus
Edizione Le Monnier Firenze
1861 pagine 494

   





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