Le sue opere morali poi sono un raccolto di quanto i Greci sapevano in quel tempo: non vi trovi una dottrina propria dello scrittore, nè fine critica, ma gran copia di cose dette assai piacevolmente. Un’altra raccolta copiosissima di cognizioni letterarie è l’opera intitolata i Dipnosofisti, ossia il Banchetto de’ savi, scritta da Ateneo. Questi, nativo di Eucrate in Egitto, uomo di molti studi, e di molta dottrina, ricordando il tempo de’ Tolomei, certamente bello per un Egiziano, quando i letterati di tutte le contrade erano accolti alla mensa reale, immaginò un banchetto in casa di un ricco signore, dove convengono letterati, scienziati, ed artisti, e ragionano di ogni cosa. Ateneo ha i vizi di Plutarco, poco giudizio proprio e poca arte, ma non ha le virtù, non ha quella placida e continua vena di parole che escono dal pieno petto del savio di Cheronea. Entrambi rappresentano una parte del loro secolo, le cognizioni: ma questo secolo fu rappresentato da un grande scrittore, il quale fu solo ed unico, perchè unica era la forma artistica onde quel secolo si poteva rappresentare. Questi fu Luciano, solitario poeta, che con amaro sorriso cantò la dissoluzione che gli era intorno.
XXIII. Luciano apparteneva ad una classe di uomini, che avevano tra i Greci molta importanza; e questi erano i sofisti, dai quali egli si staccò e fece parte per sè stesso. Le città greche sebbene private della loro independenza, pure conservavano le loro istituzioni, i senati, e le ecclesie o comizi, nei quali si dibattevano molte e gravi faccende riguardanti la giustizia, la elezione di alcuni magistrati, e la religione: molti interessi erano ancor vivi, e purchè non si toccasse quello che concerneva i padroni, si poteva parlare liberamente; anche perchè i Greci con bel garbo parlavano, ed ai bei parlatori si suole concedere certa licenza.
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