Nè la loro importanza era solamente nella Grecia; ma dovunque si cercava di acquistare gentilezza e sapere si chiamava un sofista greco. In Roma non v’era casa di patrizi in cui non fosse un sofista, che educava i giovani, consigliava tutti, e confortava a morire con fortezza di animo. L’imperatore Traiano quando tornò dalla guerra contro i Daci, si teneva dietro sul cocchio trionfale il sofista Dione, quasi volendo significare che a questo savio ed egli ed il popolo romano dovevano quella vittoria. In Gallia erano celebri le scuole greche di Marsilia, di Autun, di Lione, e vi andavano anche giovani romani a studio; e la scuola di Marsilia vantavasi di Favorino lodato filosofo gallo. In Bretagna ed in Ispagna e in Pannonia e per tutto si davano ricchi stipendi dalle città a retori, a filosofi, a medici greci. Egli è naturale che essendo la profession di sofista così importante e lucrosa, ve ne fosse un grandissimo numero; dei quali pochi erano buoni, ed i più abusavano dell’ingegno e del nome; e fra tanta corruzione di costumi fossero maestri d’imposture, ministri di scelleratezze e di turpitudini. E però il nome di sofista, che dapprima significò savio, maestro di filosofia e di eloquenza, passò dipoi a significare impostore, ingannatore e tristo. Ma sieno buoni, sieno cattivi, i sofisti erano uomini considerevoli, perchè principali diffonditori del sapere: e troppo leggermente sono accusati di avere impettegolita l’eloquenza con le loro declamazioni, dicerie che essi componevano e davano a comporre ai giovani sopra argomenti immaginari, e spesso sciocchi e strani.
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