Ora consideriamo i concetti di questo artista scettico, e la forma onde egli li esprime.
XXXI. Cornelio Tacito cominciando la vita di Agricola, prima opera che egli scrisse, dice: Nunc tandem redit animus: Ora finalmente ripigliam fiato; e’ pare il naufrago del poeta che esce fuor del pelago alla riva, sbigottito dai pericoli che pure a ricordare lo atterrivano. E non solo quel severo storico, ma tutti gli scrittori romani, da Tiberio in poi, sembrano compresi da un alto sentimento di mestizia; mentre i Greci per contrario se ne stanno in una tranquilla indifferenza, anzi scherzano e pare che godano di quello stesso onde i Romani sì profondamente si addolorano. Quasi mentre Tacito moriva, nasceva Luciano in tempi riposati sì, ma putridi di ogni corruzione: e nella vecchiezza ei vide le vergogne di Commodo, ed i furori d’una guerra civile. Ora come egli che vedeva quei vizi e quei mali, che stava sotto quella tirannide, non si sdegna di quell’impero romano che aveva ridotta la Grecia a provincia, non parla mai degl’imperatori nè vivi nè morti, non getta mai un motto contro quelle belve? Persio e Giovenale satirici romani pare che non abbiano maggior pensiero che trafiggere coloro che erano cagione dei mali pubblici: e Luciano con tanto ingegno, tanta arte, tanti motti, ardito amico del vero, flagello degl’impostori, il più arguto scrittore satirico, come non tocca affatto la satira politica? Chi dicesse che egli tacque per prudenza o paura, sconoscerebbe la natura dell’uom motteggevole che non risparmia neppure gli amici e le persone più care quando gli viene il motto; calunnierebbe Luciano, attribuendogli un sentimento che egli non ebbe mai: e direbbe una ragione non vera, perchè riguardante uno solo, non tutti gli altri scrittori greci, nei quali è lo stesso silenzio e la stessa spensieratezza.
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