Però il concetto d’Aristofane non è largo nè profondo, ma invece è altamente artistico, è affiancato ed avvivato da liete immaginazioni e da forti sentimenti, e si adagia nella forma fantastica e leggiadra della commedia. Quello di Luciano per contrario è riflesso, appartiene a lui solo che non è il popolo ma uno del popolo, sta solo, esce nudo dell’intelletto, e nudo rimane spiegandosi interamente nel dialogo, che è forma stretta e meno artistica della commedia, ma bastante a contenere un concetto solo. Luciano si propone una sola idea, e di essa non esce affatto: se la piglia direttamente con Giove, gli pone a fronte un cinico, il quale disputando te lo stringe per ogni parte, e poi che l’ha confutato ed annullato, non si cura d’altro. Il concetto di Luciano attacca la religione dalle sue fondamenta, e l’abbatte, ed è lieto perchè vittorioso: ma sotto quella lietezza per noi c’è qualcosa di tristo, perchè si compie un’opera di distruzione. Luciano deride una religione non più creduta davvero, ma da furbi e da sciocchi mantenuta: ed egli sentendosi libero da ogni specie di credenza, e sicuro di esser libero e di aver vinto, si compiace di sè stesso, e sta sereno e scherza.
Questa serenità manca al concetto antireligioso dei moderni, i quali sentono che non han vinto nè possono vincere; perocchè il paganesimo cadde effettivamente dopo di Luciano, il Cristianesimo sta, nè per crolli caderà facilmente. Il Voltaire, che non troppo giustamente è stato paragonato a Luciano, è lieto per vanità e leggerezza, non ha la coscienza di aver vinto, anzi sente che i suoi sforzi riusciranno inutili, e vuol nascondere a sè stesso questo sentimento di timore: onde il suo riso è motto e facezia, non opera d’arte.
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