Per queste ragioni io credo che se egli avesse ardito di scrivere satire politiche, non l’avrebbe fatte drammatiche ma discorsive, non avrebbe scritto dialoghi ma sermoni, come quelli di Persio e di Giovenale. La satira politica può essere amara, violenta, terribile, rovente quanto vuoi, ma se manca la libertà pubblica, le mancherà il pregio dell’arte, le mancherà quell’aere sereno nel quale vive la ragione e la bellezza.
XXXVII. Non bisogna confondere il dialogo drammatico con un’altra forma più breve di leggiadri dialoghetti, i quali a mio credere sono una imitazione dei Mimi, specie di brevissime commedie usate dagli antichi poeti siciliani. «I Mimi inventati e perfezionati da Sofrone e da Senarco, che fiorivano verso i tempi di Euripide, erano piacevoli imitazioni della vita. Rappresentavano dialogizzando una piccola azione: quale di essi il maschile, quale il femminile costume; alcuni serii, altri giocosi, tutti con una graziosa, con una maravigliosa naturalezza di stile, che era il linguaggio abitualmente proprio delle persone introdotte a parlare. Platone ne faceva le sue care delizie; l’ateniese Apollodoro li comentò: ma se fossero scritti in verso o in prosa non è ben risoluto tra i filologi. Credono alcuni che fosse una prosa partecipe del ritmo poetico, come gl’idillii di Gesner, e certamente erano pubblicamente rappresentati.» (Centofanti, Discorso su la letteratura greca.) Tra le opere di Luciano ci ha quattro raccolte di questi dialoghetti, che corrispondono a quattro concetti principali: i dialoghi degli Dei sono satira religiosa; i dialoghi marini sono rappresentazioni di arte; i dialoghi dei morti sono satira filosofica; i dialoghi delle cortigiane sono imitazione d’un costume, e più simili ai mimi.
| |
Persio Giovenale Mimi Mimi Sofrone Senarco Euripide Apollodoro Gesner Centofanti Discorso Luciano
|