Luciano non aveva questa caldezza di cuore, nè soleva dipingere con questa maniera; onde questo dialogo non è, e non può esser suo, come a me pare, perchè altra mente, altro cuore, altr’arte, altro uomo si vede in esso. Piace non ostante che manchi d’arte, perchè dentro ha qualche cosa che supera l’arte. Questo, e i due dialoghi delle Immagini vorrebbero più lungo discorso, ma perchè non li ho per genuini, basti il detto.
XLIX. OPERE SATIRICHE. Cominceremo da quelle che hanno la forma discorsiva, e poi verremo alle altre che hanno la forma dialogistica.
La servilità dei greci flosofi, retori, grammatici, musici, ed altri artisti e scienziati che stavano a mercede nelle case dei signori romani, e la grandigia di quei superbi ed ignoranti padroni dovevano offendere il libero animo ed il retto senso d’un Greco che amava e pregiava il sapere. Il libretto intitolato: Di quei che stanno coi signori, è una satira piuttosto amara che scherzevole, perchè faceva dolore a vedere il sapere prostrato vilmente; ed ha per iscopo di svolgere i Greci da quella vergogna. Da prima si cercano le cagioni che possano indurre uno a mettersi da sè in questa servitù; poi si descrive con vivezza mirabile quanto bisogna durare ed affaticarsi per entrare in grazia del signore, il primo convito, i patti, l’ammissione in casa; poi le belle speranze che svaniscono, e le fatiche, le umiliazioni, i dispregi che bisogna sopportare. E qui lo scrittore, che talvolta ha preso un tuono violento, e talvolta un tuono di scherno, essendosi svelenito, torna alla sua natura, e piacevoleggia narrando il caso dello stoico Tesmopoli, che per viaggio portava nel mantello la cagnolina d’una signora.
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