L. Così ancora se tu credi che l’operetta Come si deve scrivere la storia, sia puramente didascalica, simile ad altre di questo genere, e vuoi trovare in essa la ragione ed il modo delle opere didascaliche, tu non la giudicherai bene. Lascia ogni preconcetto, lascia anche il titolo, che forse Luciano non ce ne messe affatto, e leggi senz’altro quello che sta scritto. Gli Abderiti una volta andarono pazzi per recitare tragedie, e ai tempi nostri si va pazzi per scrivere storie, e tutti sono Tucididi, Erodoti, e Senofonti. È venuta anche a me una pazzia, non di scrivere storie, ma di dare qualche consiglio a chi le scrive. Sebbene egli è come fare un buco nell’acqua, perchè costoro credono di esserci nati, e di non aver bisogno di consiglio; pure potrò forse essere utile a qualcuno. Ogni consiglio fa due cose: ti dice quello che devi seguire, e quello che devi fuggire. Cominciamo da quello che si deve fuggire, cominciamo a considerare le sciocchezze che oggi si scrivono, che ci sono presenti, e ce le sentiamo ogni giorno nelle orecchie: la buona storia, che è lontana da noi, la vedremo dipoi. Oggi invece di scrivere storie si scrivono encomii di re e di capitani; invece di narrare fatti avvenuti, si contano favole, e invenzioni, e basse adulazioni. Questo male nasce da un’opinione (di Dionigi d’Alicarnasso che non è nominato) che la storia si propone il dilettevole e l’utile; e però vi mettono dentro l’encomio. Uno è il fine della storia, l’utile, che si ottiene dal solo vero: il dilettevole, se v’è, tanto meglio, se no, non importa.
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